Tra le patologie funzionali occupa un ruolo molto rilevante lo studio ed il trattamento del prolasso rettale.

Il prolasso rettale si presenta nelle sue forme differenziate e con gradi diversi andando dal prolasso lieve, medio severo e prolasso rettale completo. Una differente presentazione è quella del prolasso rettale associato a prolasso degli organi pelvici come i prolassi genitali e della vescica.
La presentazione del prolasso lieve è quella di una sintomatologia prevalente sul plesso emorroidario con sanguinamento e sintomatologia da ano umido.

La visualizzazione con ano rettoscopia evidenzia la presenza di un prolasso che può essere gestito con terapia medica topica e solo nei casi dove questa non è sufficiente a risolvere i disturbi trova nella rimozione chirurgica dello stesso una definitiva risoluzione.

La rimozione del prolasso oggi è possibile con utilizzo di suturatrici meccaniche circolari nella misura di una carica o singola suturatrice.

Nei prolassi più voluminosi come spesso si ritrovano nei maschi dove il prolasso si presenta con prevalente componente mucosa cambia la sintomatologia di presentazione a favore di un prevalente quadro di ano umido e macerazione perianale dove la terapia medica non è gestibile e ciò è immediatamente evidenziabile alla visita clinica e all’anoscopia ambulatoriale.
In questi pazienti la rimozione chirurgica deve inevitabilmente prevedere una asportazione maggiore di tessuto che non può essere eseguibile con una sola suturatrice in quanto la stessa per limitazione di volume di riempimento che al massimo può contenere 17,5 cm deve essere integrata da un’altra suturatrice dello stesso tipo per poter completare la rimozione. Se ciò non viene eseguito avremo una riduzione del prolasso ma non una risoluzione clinica completa dei disturbi.

Nei prolassi più voluminosi che ritroviamo invece nel sesso femminile in quanto più predisposta sia per ragioni anatomiche che secondarie alla gravidanza, ritroviamo una regione pelvica dove la presenza di un rettocele ossia la presenza di una tasca rettale secondaria alla lacerazione rettale causata dal passaggio del feto nel canale vaginale, genera una sintomatologia spesso tardiva caratterizzata dal prolasso della stessa parete rettale all’interno di se stessa con la formazione di una invaginazione intrarettale che è causa di disturbi di svuotamento rettale con ostruzione defecatoria conseguente ed impedimento del completamento della stessa.
In questa circostanza essendo il retto nella sua completezza di parete a prolassare, la sua rimozione non solo deve essere eseguita con strumenti idonei più performanti ma cambia anche il volume di resezione che si aggira solitamente nelle dimensioni di 4-5 cm di altezza di parete rettale per 14-16 cm di circonferenza.

Il prolasso rettale completo è legato alla rottura dei legamenti che trattengono il retto all’interno dell’ano. Spesso questa circostanza si associa alla pregressa lesione dell’anello sfinterico che non riesce più a contenere il retto che prolassa all’esterno trascinando con se parte del sigma con evidenziazione di prolasso più o meno voluminosi che hanno come sintomatologia non solo la presenza del prolasso all’esterno ma disturbi legati al traumatismo che spesso gli indumenti esercitano sulla mucosa rettale con conseguente ulcerazione, sanguinamento ed ano umido. In alcune pazienti il prolasso è causa di stipsi in altre di incontinenza fecale.
La sua rimozione è oggi possibile con interventi di resezione del prolasso o interventi di sospensione dello stesso con mesh posizionate nel pavimento pelvico.
L’ultimo caso di presentazione del prolasso è quello in cui lo stesso è associato al prolasso anche di organi pelvici. L’intervento previsto può essere eseguito in associazione ad un intervento sospensorio con utilizzo di mesh quasi sempre eseguito in collaborazione con l’ uroginecologo. In questa circostanza talvolta la sola risoluzione del prolasso genitale può migliorare anche la dimensione del prolasso rettale che per questo motivo se da trattare è preferibile segua quello uro ginecologico.

Indagini diagnostiche nel prolasso e nell’ostruita defecazione

Il prolasso è causa di stipsi e la stipsi è un grande capitolo che racchiude cause diverse.
Tra le più comuni si riconoscono la stispi da rallentato transito intestinale e la stipsi da ostruita defecazione.
In questi anni si è verificato che non essendo disponibile un intervento chirurgico dedicato, la stipsi da ostruita defecazione, è stata trattata con sola terapia medica ossia con l’assunzione di soli lassativi che non hanno apportato alcun beneficio clinico a questi pazienti.
L’avvento delle nuove tecnologie e soprattutto la realizzazione di un intervento dedicato ha aperto la strada ad una nuova era nell’inquadramento e nel trattamento di questa patologia.
Partendo quindi dalla presentazione del quadro clinico i pazienti giungono alla nostra osservazione attraverso l’ambulatorio di colon proctologia e dove questo non è disponibile attraverso l’endoscopia o l’ambulatorio di chirurgia generale perché la sintomatologia è spesso il sanguinamento che genera nel paziente una certa apprensione la paura di scoprire magari una patologia oncologica dell’intestino.
Se il paziente invece si lamenta della stipsi il suo accesso alla struttura sarà inevitabilmente un percorso medico sia esso gastroenterologico o internistico.
Alla sua presentazione presso l’ambulatorio di colon proctologia emerge il sospetto di una forma di stipsi da ostruita defecazione perché solitamente vengono formulate al paziente una serie di domande che hanno il compito di evidenziare le abitudini defecatorie e quali accorgimenti il paziente mette in opera per facilitare la sua defecazione come ad esempio la digitazione ossia la rimozione digitale delle feci dall’ampolla rettale.
Di fronte quindi a questo colloquio al quale segue una valutazione digitale e strumentale (ano rettoscopia) si può inquadrare il tipo si stipsi di cui è affetto e procedere in prima sitanza alla formulazione di uno score validato che comunemente è quello di Wexner o Altomare per la stipsi e successivamente a programmare delle indagini diagnostiche che servono per tipizzare la stipsi.
Visto che il quadro di stipsi è spesso datato da molti anni quello che emerge è una storia cronica di abuso di lassativi di ogni tipo e questo spesso nei pazienti in giovane età magari nasconde anche altri aspetti del complesso quadro della stipsi cronica.

Gli esami pertanto che il paziente dovrà eseguire devono tenere conto di tutto il quadro e quindi si avranno esami dedicati allo studio della stipsi da ostruita defecazione e quelli per il rallentato transito.

Per l’ostruita defecazione devono a nostro avviso essere eseguiti:

L’Rx colpo cistodefecografia con contrasto intestinale, esame indispensabile per la valutazione del prolasso rettale e non solo anche del prolasso uterino e vescicale. Tale metodica non è purtroppo in uso in tutti gli ospedali e quei pochi che la eseguono spesso eseguono una defecografia statica e non dinamica. La colpocistodefecografia è un esame apparentemente semplice, viene posizionato un contrasto idrosolubile nel retto, in vagina ed in vescica contrastando anche l’intestino e dopo la somministrazione si invita il paziente a scaricarsi in un water radiologico dove si ricostruisce tutta la cinetica defecatoria.
Oggi è anche disponibile la defecoRMN che solo in alcuni centri selezionati si sta imponendo rispetto alla rx colpocistodefecografia ed ha come grande vantaggio il non esporre il paziente ad una dose molto alta di raggi x.

Un altro esame indispensabile è lo studio dei tempi di transito intestinale.
Questo esame non viene eseguito routinariamente ma solo in quei casi dove la paziente spesso giovane lamenta disturbi di stipsi già in giovane età.
L’esame si caratterizza per l’assunzione di piccoli markers che vengono assunti dalla paziente alla domenica sera e che devono non ritrovarsi più nell’intestino nell’arco di una settimana senza che la paziente assuma dei lassativi. La scomparsa dell’80% dei questi al controllo a 5 giorni documenta un transito nella norma. La persistenza degli stessi superiore al 20% e la disposizione casuale dei markers è sintomo di rallentato transito.

ETG trans anale con sonda rotante è un’esame che viene eseguito per lo studio dell’apparato sfinteriale. Visto l’aumento dei prolassi soprattutto quelli completi esterni dopo lesioni traumatiche da parto o dopo epifisiotomie è importante studiare la possibile e concomitante presenza di lacerazioni sfinteriali che potrebbero condizionare il postoperatorio di queste pazienti.
Tale indagine viene eseguita con una sonda particolare, in questo caso rotante, che introdotta per via trans anale ci permette di visualizzare circonferenzialmente a 360° lo sfintere anale.

La manometria dello sfintere anale non è un’esame indispensabile ma in presenza di lacerazioni sfinteriali o in presenza di voluminosi prolassi può darci indicazione sullo stato funzionale dello sfintere soprattutto in quelle condizioni dove non è identificabile una lacerazione muscolare ma un difetto di pressioni e quindi di continenza anale.

Rx clisma opaco o colonscopia ci servono inevitabilmente sia per lo studio colico dove spesso è possibile riscontrare l’associazione in queste pazienti stitiche anche di quadri variabili di diverticolosi colica che spesso sono sintomatici escludendo naturalmente la concomitante presenza di polipi o tumori colici.

Valutazione urologica o ginecologica. La scelta di questa valutazione è legata alla concomitante presenza di un prolasso genitale associato ad un prolasso rettale o nei casi di incontinenza urinaria associata a sindrome da ostruita defecazione. In alcuni centri tale valutazione può essere eseguita nella stessa seduta con gestione multidisciplinare

Di fronte quindi ad una prima valutazione ambulatoriale proctologica dove il paziente viene indagato ed inquadrato sotto il profilo anamnestico, segue una fase di studio con l’esecuzione degli esami sopraelencati che lo riporterà ad una nuova e precoce rivalutazione clinica dove si decide con il paziente la possibile indicazione ad un intervento correttivo della disfunzione rettale.

Valutazione gastroenterologica

In quei casi clinici dove la stipsi non trova una esclusiva causa nella presenza di un prolasso rettale condizionante ostruita defecazione ma dove persiste anche un rallentato transito intestinale conseguente l’abuso cronico di lassativi o per la probabile mancanza di un plesso nervoso intramurale nella parete colica con conseguente ritardo di conduzione dell’impulso di contrazione viscerale si esegue sempre una valutazione gastroenterologia per inquadrare la stipsi tra le cause meno frequenti e in rari casi può essere valutabile l’utilizzo di una particolare indagine diagnostica ed eventualmente anche terapeutica che si chiama neuromodulazione sacrale

Neuromodulazione sacrale

La neuromodulazione sacrale è una metodica chirurgica già validata in campo urologico. Data la vicinanza anatomica e funzionale dei due distretti è stata applicata dal 1995 anche ai disturbi funzionali della defecazione, quindi nell’incontinenza fecale, nella stipsi cronica e nel dolore pelvico cronico. È una tecnica mini-invasiva di elettrostimolazione delle radici sacrali che permette il mantenimento dell’integrità anatomica e l’ottenimento di risultati sovrapponibili ad una normale defecazione mediante la modifica del controllo nervoso degli sfinteri anali e del colon distale con l’ obiettivo finale di migliorare l’evacuazione.

La terapia Interstim (neuromodulazione sacrale) comprende due fasi. La prima è una stimolazione di prova che consente di determinare l’efficacia della stimolazione valutando la risposta clinica. In genere, la fase di test dura dalle 2 alle 6 settimane. I pazienti che presentano una risposta clinica soddisfacente saranno sottoposti ad un secondo intervento chirugico, sempre in anestesia locale, di posizionamento definitivo di un “pace-maker” nel gluteo.
Questa indagine è quindi contemporaneamente una indagine diagnostica ed anche terapeutica.

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